Questo contributo potrà sembrare un po' autoreferenziale, dal momento che si parla di me, ed in più, essendo del 1986, è sensibilmente fuori dal periodo che ci siamo prefissi di ricostruire con il progetto Broadcastitalia.it, però, dal momento che hanno avuto la bontà di dedicarmi una sezione, non posso esimermi dall' inserire il commosso arrivederci che il Direttore Carlo Drapkind pronunziò durante il Giornale Radio di Onda Emilia, delle ore 9,30 di domenica 25 agosto 1986, giorno precedente la mia partenza per il servizio militare a Torino, che avrei affrontato, nei primi mesi di addestramento, con la divisa della Benemerita, nella storica caserma Cernaia.
Che il Direttore fosse commosso per la partenza del suo più stretto collaboratore lo si capisce più che dalla lettura del testo sotto riportata, proprio dalla sua voce, che a tratti pare incrinata dall'emozione, rispetto alla sua abituale lettura sicura e ben cadenzata. Vi lascio immaginare la mia, di emozioni, nell'averla riascoltata inaspettatamente (da un cassetto è sbucata una cassetta nera, senza alcuna indicazione sopra): roba da lucciconi, per il sentimento di vera amicizia che traspare, un valore davvero prezioso che dura nel tempo e che va anche oltre la morte. Lui stesso, nella conclusione del suo “editoriale”, afferma: “Nel suo servizio di leva si riflette un po' anche la storia della nostra vita”, prima di svelare un aneddoto: “Un giorno un editore pedante ed ingrato ci proibì di farlo entrare nella nostra stanza.
Ci alzammo, sbattendo la porta: anche questa è storia”. Una storia che merita di essere raccontata: Drapkind - dopo avermi scritturato il 14 giugno del 75, quando andai ad intervistarlo in Via dei Farnese (e non in Via Cavallotti, come avrebbe detto lui in questo stesso saluto) per il giornalino che scrivevo L'Eco del Quartiere, alla tenera età di 11 anni - mi ebbe tra i piedi tutti i santi giorni, fin quando quell'editore - sul di lui nome e cognome stendo un pietoso velo - gli vietò di farmi accedere negli studi di Radio Parma di Borgo Guasti di Santa Cecilia, per il fatto che io non potevo essere regolarizzato, essendo minorenne, e dunque la mia presenza avrebbe potuto comportare dei problemi.
Ogni giorno di quella estate del 1978 il buon Drapkind mi lanciava dalla finestra una copia del quotidiano La Repubblica (a quei tempi il mio preferito, per via del taglio moderno, e dell'avveniristico formato tabloid), io lo leggevo stando seduto sui gradini del portone, prima che lui mi raggiungesse per andare insieme a fare i vari servizi, consumando le suole delle scarpe in giro per la città. (Solo così si diventava giornalisti, altro che l'odierno navigare...). Proprio quella antipatica situazione convinse Drapkind ad accettare, più o meno in simultanea, le offerte per andare a dirigere Radio Emilia ed Europarma TV, ed ovviamente io lo segui, accolto con tutti gli onori ed i galloni di “Responsabile del Servizio Tecnico” (con tanto di camicie bianco) e del Notturno.
La parole scritte da Drapkind nelle quali mi riconosco di più (a parte il mio aspetto fisico di allora, tratteggiato in uno schizzo di tre vocaboli (“poco più di 10 anni, calzoni corti, occhiali spessi, capelli al vento”) e che mi piacerebbe rimanessero eternamente scolpite per il mio imperituro ricordo da radiofonico sono: “Il ragazzo dei tetti e delle antenne, dei trasmettitori, delle frequenze, dei notiziari, delle dirette possibili ed impossibili”.
Concludo segnalando che proprio in quegli anni avventurosi Drapkind era solito aprire o concludere il Giornale Radio (che lo leggesse lui o meno...) con il suo “Diario scritto sull'etere”, appunto una sorta di editoriale sui fatti del giorno, magari anche minuscoli, come in fondo poteva essere per l'ascoltatore la mia temporanea dipartita. “Nella frenesia delle vicende radiofoniche ha dato qualche occhiata in meno ai testi universitari e come tutti i pionieri paga anche lui il suo tributo di generosità e di slancio”. Quella naia, infatti, come ha lasciato capire Drapkind, mi toccò, perché all'epoca, se non si sostenevano esami universitari per un anno, si perdeva il diritto al rinvio, ed io tempo per preparami, con tutto quello che dovevo fare in radio, proprio non ne avevo...
Gabriele Majo (6 novembre 1975)


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