
Parma non vanta solo il
primato nella stampa con la Gazzetta di Parma,
secondo la ricostruzione del suo ex direttore
Baldassarre Molossi “il più antico quotidiano
vivente”, ma anche nella radiofonia, visto che
la prima emittente privata o “libera”, come si
diceva a quei tempi, è Radio Parma, che
trasmette ininterrottamente dal 1° gennaio 1975:
ma come la Gazzetta di Mantova rivendica
l’anzianità quale più antico giornale, così
Radio Milano International passa per essere la
più vecchia radio indipendente.
Il giornalista Carlo
Drapkind, primo direttore responsabile di Radio
Parma, porta prove inconfutabili a sostegno
della sua tesi: “Radio Milano International
iniziò a trasmettere quattro mesi dopo di noi,
ad Aprile del 1975: prima i fratelli Borra (gli
editori della stazione milanese, nda) vennero a
vedere le nostre trasmissioni, registrarono
tutti i programmi in onda e poi imbastirono un
loro palinsesto.
Quando si trattò di celebrare i
20 anni della prima radio libera in Italia, gli
attuali proprietari di Radio Parma (la Segea,
editrice anche della Gazzetta di Parma e Tv
Parma, nda), non trattandosi di una loro
primogenitura, lasciarono cadere questo primato,
senza difenderlo, e Radio Milano International
si fregiò del titolo di prima radio libera in
Italia. Una vera bugia: per di più loro hanno
poi mutato la testata in “One o One Network”:
dunque Radio Milano International non esiste
più.”
Testimonianza avallata
anche dall’appassionato racconto di Marco Toni,
radioamatore parmigiano che modificò un ponte
radio dell’esercito (TRC 5) utilizzato per
mettere in onda il segnale: “Furono proprio i
Borra, maniaci di reperti militari, a procurare
quel trasmettitore, e ne trovarono uno uguale
per loro: però avevano una paura infernale ad
andare in onda per motivi di carattere politico.
Solo mesi dopo, infatti, trovarono il coraggio e
vennero a chiedermi di apportare le modifiche
necessarie per fare trasmettere regolarmente
quell’impianto. Glielo montai io stesso in Via
Locatelli a Milano, al secondo piano, stendendo
anche i cavi per l’antenna.
Erano gli anni in cui
ferveva il dibattito sull’informazione nel
nostro Paese e sulla rottura del monopolio della
Rai, con le prime sentenze di liberalizzazione
dell’etere: “Prima di noi – spiega Toni – furono
in tanti a fare esperimenti di trasmissione: la
cronaca si occupò della vicenda di una certa
Radio Bologna, fondata dalla Cooperativa
lavoratori informazione”, espressione di Lotta
Continua che andò in onda, per alcuni giorni, da
una roulotte, grazie ad un trasmettitore
militare trovato in un mercatino, Fantini
Surplus (residuati militari, nda) e tarato da un
radioamatore di Treviso, Radio Meneghel: io
frequentavo fisica a Bologna, vidi quel
tentativo e lo posso confermare.
Loro dicevano
che volevano contribuire alla lotta per la
democratizzazione della Rai Tv, per il suo
effettivo decentramento e per la gestione a
livello di base. In pratica volevano dimostrare
che trasmettere era economicamente sostenibile
ed alla portata di tutti. Contemporaneamente
ricordo Radio Emanuel di San Benedetto del
Tronto: furono esperienze importanti, ma non
ebbero rilievo politico e giuridico.
Giuridicamente, infatti, riconosco che la radio
è cominciata con Radio Milano International,
visto che una pretora gliela sequestrò e poi
dissequestrò.”
Disavventura che invece
non capitò a Radio Parma, che non interruppe mai
le sue trasmissioni: “Subimmo dei processi, ma
non ci fu mai nulla di penale, solo questioni
amministrative: quelle bande di frequenza –
ricorda Drapkind – erano riservate alla
navigazione aerea, non c’erano ancora
disposizioni precise, anche se io e Virginio
Menozzi (il proprietario di Radio Parma, nda)
pochi giorni dopo l’inizio delle trasmissioni,
quando vedemmo arrivare un colonnello dei
Carabinieri pensammo che venisse ad arrestarci.
Invece, per fortuna, si limitò a registrare la
radio. Una delle nostre speaker, Pia Russo, era
figlia di un ufficiale dell’Arma…”
Quando alla porta della
storica sede di Via Felice Cavallotti suonava
qualcuno in divisa chi rispondeva aveva sempre
un po’ paura: “Politicamente non davamo fastidio
a nessuno. Ci tenevano d’occhio – dice Toni – ma
Carabinieri e Polizia passavano col sorriso
sulle labbra: Drapkind, nei notiziari, li
lisciava, esaltando i loro interventi.”
Proprio
alle autorità cittadine, militari, civili e
religiose furono dedicate le prime parole di
Radio Parma:peccato che nessuno poté ascoltare
il saluto rivolto loro da Carlo Drapkind: “Era
il 1° Gennaio del 75, io – racconta Toni – ero
sui tetti, dove avevo appena montato l’antenna
stilo, da me progettata, su un traliccetto
Fracarro, alto 6 metri, su una delle case più
basse di Parma. Alle 11 era tutto pronto.
Attaccammo l’impianto, il trasmettitore andava,
la potenza c’era, ma la radio non si sentiva più
lontano di 50 metri. Menozzi era disperato: lui
sperava che arrivasse almeno fino in Piazza
Garibaldi.
Fermava le signore per strada e
porgeva la radiolina, una National, con la
modulazione di frequenza, sperando che almeno
loro riuscissero a sentire. Impossibile, fino a
quando mi accorsi che per colpa del peso del
cavo si era sfilato il connettore dell’antenna.
Sistemai tutto nel pomeriggio: Menozzi captò il
segnale perfino a casa sua, a Sala Baganza, ed
era l’uomo più felice del mondo. Ci fu una
grande festa: così nacque la radio.”
Radio Parma era una delle
quattro testate giornalistiche registrate in
Tribunale dai pionieri Drapkind e Menozzi nel
mese di Novembre del 1974 (n. 516) le altre
erano Teleparma (cavo) e Parma Tv (etere) oltre
alla cumulativa “Radioteleparmatv”: “Quando
accennai al Giudice Delegato del Tribunale di
Parma Roberto Fogola, un mio conterraneo –
ricorda Drapkind – questa idea della radiofonia
lui, da persona molto intelligente ed intuiva
quale era, ci suggerì di omologare le nostre
trasmissioni a quella che è la giurisprudenza
per la carta stampata.
Ed infatti Radio Parma
venne registrata come quotidiano parlato
radiodiffuso indipendente.” Proprio
scartabellando gli ingialliti faldoni del
Tribunale di Parma si può ricostruire quello che
fu il travagliato cammino verso la
liberalizzazione dell’etere: la registrazione
venne dapprima revocata dallo stesso Fogola il
28 Ottobre 1976, per difetto di autorizzazione
Ministeriale”) ma poi il 7 ottobre del 1977
autorizzò la reiscrizione, per una palese
carenza normativa: “La richiesta autorizzazione
amministrativa non è prevista da alcuna legge
dello stato: per questo si ordina la
registrazione”.
Vacatio legis: proprio le
magiche parole pronunciate dall’On. Bogi, ai
margini di un convegno del dicembre del 74, che
fecero rompere gli indugi a Menozzi: “Andammo a
Sarzana – ricostruisce Toni – e Menozzi si
sbilanciò con lui: vogliamo fare la radio, gli
disse. La Rai non sarà molto contenta, avrete un
grande nemico, replicò il politico, ma c’è
vacatio legis non vi possono fare niente. Quella
stessa notte, tornando a Parma dissi a Menozzi
che mi ero procurato il trasmettitore adatto,
che con qualche modifica lo avevo portato a 102
MHz: dovevamo stare per forza sopra i 100 perché
i ripetitori Rai non andavano oltre. Lo avevo
provato e funzionava. L’avevo pagato 300.000
lire.
Era notte fonda, ma lui volle vederlo:
“Tienilo in caldo, c’è vacatio legis, e noi
facciamo la radio”, mi disse, ma prima volle
provare l’esperienza della Tv via cavo.” Durante
le vacanze di Natale Ninni Allegri, che aveva la
rappresentanza della Philips cablò il centro
cittadino, i cavi passavano sotto i portici del
municipio: sulla scorta dell’esperienza di
Telebiella vennero fatte le prime prove di
Teleparma.
Ma Toni non era d’accordo: “Lasciate
perdere la Tv, è troppo impegnativa e costosa.
Fate la radio: il pulpito è molto meglio
dell’immagine. E il futuro non è il cavo, ma
l’etere.” Le Onde Medie vennero subito scartate:
“L’antenna avrebbe dovuto essere alta almeno 50
metri e piazzata fuori dal centro cittadino.” Ma
c’era il problema dei ricevitori: “Vincenzo
Bocchi, titolare dell’Audioparma, il negozio che
ci aveva fornito la bassa frequenza, cioè
giradischi, registratori, etc., disse che erano
introvabili radio a transistor in Italia che
ricevessero la FM. Ed infatti subito dopo lui
stesso, che aveva fiutato il business, iniziò ad
importarle dall’estero, ed andarono a ruba.”
Radio Parma, infatti,
entrò subito nel costume della città: il suo
palinsesto di allora non aveva nulla a che
invidiare a quelli di oggi. Faceva informazione
e cultura ed i giovani andavano là a trasmettere
o a suonare la chitarra.
(Gabriele Majo - gennaio 2002)
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